Fotografia etnica e naturalistica
Giordano Costa
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In una natura confinata dalla pressione demografica in esigui spazi (resti di un'India boscosa e selvaggia esistente ancora soltanto nel "Libro della giungla" di Rudyard Kipling), un'impressionante fauna selvatica ha avuto la vitalità di conservarsi fino ai giorni nostri. Considerati i problemi cui la fauna indiana è soggetta - in particolare il disinteresse politico delle autorità locali e la costante disputa del territorio tra animali selvatici e uomo - sorge però legittimo il timore che gli sforzi compiuti fin'ora per la loro conservazione possano essere stati vani. Le tigri allo stato selvatico, ad esempio, sono passate dalle tremila unità di una decina di anni fa alle circa millecinquecento attuali. Dalla maestosa tigre del Bengala al coccodrillo Garhial, dallo squalo montano al cervo Barasingha, l'India annovera tra la sua fauna una serie di animali tra i più emblematici di quelli a rischio di estinzione. È in conoscenza di questa situazione e del fatto che perlomeno buona parte del denaro investito nella visita dei parchi naturali serve direttamente alla conservazione di questi animali, che si visitano, tra entusiasmo e tristezza, i parchi naturali dell'India. Lasciato il caos e l'inquinamento delle città, il viaggiatore accede a un mondo incantevole e estemporaneo, per il quale i più esimi complimenti non sono sprecati. Luci e ombre, spesso diluite nelle nebbie mattutine, creano ambienti magici che accrescono il desiderio di incontrare una delle creature più impressionanti che si possano vedere: la tigre. Sono però i graziosi cervi maculati, le scimmie e i pavoni selvatici a fare più spesso la loro comparsa, lasciando il visitatore a volte più giorni senza nemmeno l'ombra di una tigre. Poi all'improvviso, "tiger, tiger!", annuncia la guida. È allora un risveglio di ataviche sensazioni, un appagamento completo, per cui diventa inconcepibile per il visitatore che l'umanità possa perdere questa stupefacente creatura.